Perché parlare di erbe spontanee di montagna in cucina
Le erbe spontanee di montagna stanno vivendo una nuova stagione di interesse, sia tra gli appassionati di cucina alpina tradizionale sia tra chi pratica il cosiddetto foraging, la raccolta di piante selvatiche commestibili. In molte valli alpine, queste erbe hanno da sempre rappresentato una risorsa preziosa per integrare la dieta quotidiana, soprattutto nei mesi di primavera e inizio estate, quando la neve si ritira e i pascoli si riempiono di verde.
Parlare di erbe spontanee di montagna oggi significa affrontare due aspetti fondamentali: da un lato la raccolta responsabile, che tutela l’ambiente e la biodiversità; dall’altro la valorizzazione delle ricette tradizionali alpine, spesso tramandate oralmente e legate a un preciso calendario stagionale.
Cosa si intende per erbe spontanee di montagna
Con l’espressione erbe spontanee di montagna si indicano le piante erbacee che crescono in modo naturale nei prati, nei boschi e nei pascoli di alta quota, senza intervento diretto dell’uomo. Non si tratta di semplici “erbacce”, ma di specie spesso ricche di aromi, vitamine, sali minerali e principi attivi, utilizzate sia in cucina sia come erbe officinali alpine.
Tra i luoghi dove è più facile incontrarle troviamo:
- i prati stabili e i pascoli soleggiati di media montagna;
- i margini dei boschi e le radure;
- gli incolti e i bordi dei sentieri lontani da strade trafficate;
- le zone umide e i ruscelli per alcune specie amanti dell’acqua.
La loro presenza è strettamente legata alla stagione: la primavera è il periodo d’oro per la raccolta di erbe selvatiche commestibili, mentre in estate e autunno si trovano soprattutto fiori, semi e frutti.
Raccolta responsabile: regole e buone pratiche
La crescente popolarità del foraging in montagna rende necessario soffermarsi sulle regole di una raccolta sostenibile e rispettosa dell’ambiente. In molte regioni alpine esistono norme precise sulla quantità di erbe che si possono raccogliere e sulle specie protette. Informarsi in anticipo presso uffici turistici, parchi naturali o siti istituzionali è il primo passo.
Alcune buone pratiche fondamentali:
- Raccogliere solo ciò che si conosce con certezza: molte piante commestibili hanno “sosia” tossici. In caso di dubbio, è meglio non raccogliere.
- Prendere piccole quantità: lasciare sempre la maggior parte delle piante intatte, in modo che possano riprodursi e mantenere l’equilibrio del pascolo.
- Evitare le zone inquinate: non raccogliere vicino a strade trafficate, parcheggi, discariche, recinti di allevamenti intensivi o campi trattati con fitofarmaci.
- Usare strumenti adeguati: un coltellino o una piccola forbice per non strappare le radici, un cestino o sacchetti di carta per permettere alle erbe di “respirare”.
- Rispettare le specie protette: alcune piante alpine, come il genepì in molte aree, sono tutelate e non possono essere raccolte liberamente.
- Non calpestare inutilmente i prati: muoversi su sentieri o tracce già esistenti per ridurre l’impatto sul suolo e sulla flora.
Una raccolta etica considera le erbe spontanee non come una risorsa illimitata, ma come parte di un ecosistema fragile, tipico degli ambienti di alta quota.
Principali erbe spontanee di montagna usate in cucina
Le specie utilizzate nella tradizione culinaria alpina sono numerose e variano da valle a valle, ma alcune sono diffuse in gran parte dell’arco alpino.
Tra le più conosciute e impiegate in cucina troviamo:
- Tarassaco (Taraxacum officinale): noto come dente di leone o “piscialetto”, se ne consumano le foglie giovani in insalata, i boccioli fiorali sott’olio o sott’aceto, e talvolta le radici tostate.
- Ortica (Urtica dioica): ricca di ferro e sali minerali, è una delle erbe selvatiche più versatili; le cime e le foglie tenere, una volta sbollentate, perdono il potere urticante e si usano in minestre, risotti, ripieni e frittate.
- Silene (Silene vulgaris): i germogli e le foglie giovani, chiamati in alcune zone “stridoli” o “sclopit”, sono delicati e leggermente aromatici, ideali per frittate e ripieni di torte salate.
- Achillea (Achillea millefolium): le foglie giovani, dal gusto amarognolo e aromatico, insaporiscono formaggi freschi, zuppe e patate lesse; i fiori sono usati più spesso in tisane e liquori.
- Piantaggine (Plantago lanceolata e Plantago major): le foglie tenere si consumano cotte, in minestroni e torte salate, spesso mescolate ad altre erbe.
- Acetosella (Oxalis acetosella): dal caratteristico gusto acidulo, viene usata con moderazione per insaporire insalate e piatti a base di patate.
- Aglio orsino (Allium ursinum): tipico dei boschi umidi di montagna, ha foglie larghe e profumo intenso di aglio; è molto apprezzato per pesti, oli aromatici e creme spalmabili.
Queste erbe spontanee di montagna, oltre a conferire sapori unici, permettono di ridurre l’uso di sale e di arricchire i piatti di micronutrienti spesso carenti nell’alimentazione moderna.
Erbe spontanee in cucina: tecniche di base
L’utilizzo delle erbe selvatiche nella cucina di montagna richiede alcuni accorgimenti per preservarne sapori e proprietà. La regola generale è preferire le foglie e i germogli più giovani, meno fibrosi e più delicati.
Alcune tecniche di base:
- Lavaggio accurato: immergere le erbe in acqua fredda, cambiandola più volte per eliminare terra, insetti e impurità.
- Sbollentatura: per ortiche, piantaggine e altre erbe più coriacee è utile una breve sbollentatura in acqua salata, che ammorbidisce le fibre e attenua eventuali note amarognole.
- Uso a crudo: le foglie più tenere, come quelle di tarassaco giovane o acetosella, possono essere consumate crude in insalata, magari abbinate a uova sode, patate o formaggi freschi.
- Conservazione: molte erbe possono essere essiccate all’ombra e utilizzate in inverno come aromi per minestre e tisane; altre si prestano alla surgelazione dopo una rapida sbollentatura.
La cucina tradizionale alpina fa largo uso di preparazioni semplici, in cui le erbe spontanee sono abbinate a ingredienti base come patate, uova, latte, panna e formaggi di malga, creando piatti nutrienti ma equilibrati.
Ricette tradizionali alpine con erbe spontanee di montagna
Ogni valle conserva le proprie ricette tradizionali alpine con erbe selvatiche, spesso legate a momenti precisi dell’anno: la raccolta primaverile accompagnava la transumanza, le feste di paese o i lavori nei campi. Di seguito alcuni piatti emblematici, che possono essere reinterpretati anche in chiave moderna.
Canederli alle erbe di campo
Nelle zone di influenza tirolese, i classici canederli di pane si arricchiscono di miscele di erbe primaverili, soprattutto ortiche, spinacio selvatico, silene e tarassaco giovane.
In sintesi, la preparazione prevede:
- pane raffermo tagliato a cubetti e bagnato con latte;
- uova, cipolla soffritta nel burro e un trito abbondante di erbe spontanee sbollentate;
- formaggio duro grattugiato e, se gradito, speck a cubetti;
- formatura di grossi gnocchi da cuocere in acqua salata o brodo;
- servizio in brodo, oppure con burro fuso e formaggio di malga.
La presenza delle erbe spontanee rende il piatto più fresco e aromatico, alleggerendo la struttura tradizionalmente ricca dei canederli.
Frittata di ortiche e silene
La frittata alle erbe è una preparazione trasversale a tutto l’arco alpino. La combinazione di ortiche e silene è particolarmente diffusa: le prime più decise, le seconde delicate e leggermente dolci.
Per realizzarla si utilizzano:
- ortiche e silene lavate, sbollentate e tritate grossolanamente;
- uova sbattute con un po’ di latte o panna;
- cipolla rosolata nel burro o nell’olio;
- un pizzico di sale e pepe, eventualmente erbe secche come timo o maggiorana.
La frittata viene cotta in padella, a fuoco dolce, fino a ottenere una consistenza morbida ma compatta. In molte famiglie di montagna è servita come piatto unico, accompagnata da patate lesse o insalata di tarassaco.
Zuppa di erbe spontanee alla valdostana o alla svizzera
Nelle vallate franco-provenzali e svizzere di lingua tedesca, la zuppa di erbe di montagna è un simbolo della cucina contadina. Ogni famiglia ha la sua miscela, che può includere tarassaco, piantaggine, ortiche, acetosella, achillea e altre piante reperibili nei prati vicini.
La base della zuppa è solitamente un brodo leggero, di carne o di verdure, nel quale si fanno cuocere patate a dadini e cereali come orzo o farro. Verso fine cottura si aggiungono le erbe tritate, per pochi minuti, in modo che mantengano il colore verde brillante. Spesso il piatto è completato con panna o latte e servito con pane nero tostato e formaggio locale.
Pesto di aglio orsino
Negli ultimi anni il pesto di aglio orsino è diventato uno dei simboli del nuovo interesse per le erbe spontanee di montagna. Tipico dei boschi freschi e umidi, l’aglio orsino viene raccolto in primavera, prima della fioritura.
Il procedimento ricorda quello del pesto ligure:
- foglie di aglio orsino lavate e ben asciugate;
- olio extravergine d’oliva o, nelle versioni più tradizionali di montagna, olio di semi e burro chiarificato;
- frutta secca (noci, nocciole o mandorle);
- formaggio stagionato grattugiato, spesso grana o simili, in alternativa formaggi alpini ben asciutti.
Il pesto si usa per condire gnocchi di patate, pasta fatta in casa o semplicemente spalmato su pane di segale. Data la sua intensità aromatica, è sufficiente una piccola quantità per arricchire un piatto.
Torta salata di erbe miste di montagna
La torta salata alle erbe, diffusa in molte varianti tra Alpi occidentali e centrali, è un modo efficace per valorizzare piccole quantità di specie diverse, raccolte durante una passeggiata.
La farcitura classica prevede:
- una miscela di erbe spontanee (ortica, tarassaco giovane, piantaggine, silene, bietole selvatiche, ecc.);
- ricotta o formaggio fresco di capra o vacca;
- uova, cipolla o porro soffritti, sale, pepe e noce moscata;
- una base di pasta brisée o sfoglia, talvolta preparata con farine miste di frumento e segale.
La torta viene cotta in forno fino a doratura ed è ottima sia calda, come piatto principale, sia fredda, da portare nei picnic in montagna.
Erbe spontanee di montagna tra tradizione e futuro
L’uso delle erbe spontanee di montagna in cucina rappresenta un punto di incontro tra memoria e innovazione. Da un lato, recuperare le antiche ricette contadine significa valorizzare un patrimonio culturale legato alla stagionalità e alla conoscenza del territorio. Dall’altro, chef e appassionati di gastronomia creativa stanno reinterpretando queste erbe in chiave contemporanea, inserendole in piatti di alta cucina e percorsi di degustazione sensibili alla sostenibilità.
Per chi desidera avvicinarsi al mondo delle erbe selvatiche commestibili alpine, il consiglio è di procedere gradualmente: partecipare a uscite guidate con botanici o esperti locali, consultare manuali affidabili, confrontarsi con chi vive la montagna tutto l’anno. In questo modo la raccolta diventa un gesto consapevole, capace di unire piacere gastronomico, rispetto per l’ambiente e conoscenza profonda dei paesaggi alpini.
